Diario semi-serio di una mamma catapultata su Gemellandia. Tra lavoro, nani e (tentativi di) vita sociale.

mercoledì 6 febbraio 2013

Parole Parole Parole



Io ne conosco solo uno di genio, a questa età (16 mesi). Si chiama Marcello o, per gli amici, Marcellino, ed è figlio di una mia cara amica. Un'amica con cui ho condiviso gli ultimi mesi di ansie da panzone e i primi mesi di ansie da tettone (si, abbiamo allattato entrambe, e spesso ci ritrovavamo su Facebook tipo, che so io, alle 3 del mattino). Lui già ad un anno aveva un vocabolario ricchissimo. Qualche mese fa la mia amica mi ha raccontato che prendendo un suo cappello è corso allo specchio e alla domanda "Marcello che fai" ha risposto a chiare lettere: "mi guardo allo specchio". I miei figli dicono solo qualche parola, poche. E quelle che dicono le storpiano parecchio. Lorenzo dice mamma, papà, nonno e nonna, cacca, pepè (pipì), palla, scarpe, banana, acqua e cracker (queste ultime non so se valgono come parole perché sono molto intiutive: lui le trasforma, rispettivamente in pa, ppe, ba, cqua e craca). Tommaso anche meno.
Ma si sa, ognuno ha i suoi tempi e sullo sviluppo psicomotorio e sociale dei miei nani non mi sono mai data troppi pensieri: li vedo crescere a vista d'occhio, sereni, allegri, sani, e, obiettivamente, su molte cose sono (o li vedo!) molto più sviluppati rispetto ai loro compagni d'asilo.

Poi, si sa, il linguaggio per i gemelli è un tasto dolente. Si stima che parlino molto più tardi rispetto ai coetanei [sulla mia pagina FB c'è un video davvero esemplificativo: http://www.facebook.com/pages/MoltiplicatoMamma/260491014064462]. La mia amica Annapaola, la nostra Alter Ego, ad esempio, è preoccupatissima perché a scuola Edo e Vitto alcune volte vengono scambiati per stranieri dai loro compagnetti. Le creature se la godono per nulla preoccupati e continuano a confabulare tra loro come in una setta segreta, capendosi benissimo. La mamma invece si fa prendere dal panico e li porta dalla logopedista. 

Poi c'è anche un altro fatto. Il mio linguaggio deve cambiare almeno un po', se voglio che Tommaso e Lorenzo imparino a parlare bene. Ho lavorato per anni per una multinazionale americana del settore ICT e ancora mi porto dietro un gergo orribile, acuito dal fatto che durante la mia giornata lavorativa scrivo e parlo molto in inglese. Risultato: tra qualche anno rischio che, rientrando a casa, Tommaso mi corra incontro dicendo "mamma mamma vieni, guarda! Lorenzo ha fatto un upgrade incredibile! Ha costruito tutta la fattoria degli animali da solo!". Oppure: "mamma, ricordati che domani c'è il meeting all'asilo". Oppure: "mamma, facciamo un brainstorming per decidere dove andare in vacanza?". Oppure: "mamma, papà vuole foruordato il messaggio del pediatra". Oppure: "mamma, ti è arrivata una voicemail sull'iPhone!". Basta. Se continuo a scrivere ipotesi di questo tipo mi va la giornata di traverso. Però mi sono invitata a riflettere parecchio.

1 commento:

  1. Ogni bambino è diverso lo sai. Mio figlio parla tanto e bene, ha iniziato a farlo presto, però ha camminato tardi ed ancora di dormire non ne vuol sapere. Ognuno ha le sue caratteristiche e non preoccuparti quando inizieranno a parlare non si fermeranno più ed allora lì, si che son dolori!!!!
    Il tuo gergo americano secondo me è un'opportunità!!!!! :-)))

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